STORIA DI UN CLOCHARD CHE AMAVA I PRESEPI

Sono un uomo di 45 anni ed attualmente vivo in una Comunità di recupero, dove ho affrontato un percorso terapeutico. Per molti anni della mia vita sono stato un alcolista ed ho fatto il Clochard vivendo da un posto all’altro nella città di Roma.Sin da bambino amavo i presepi e li costruivo sempre dentro casa. Ogni anno per Natale mi inventavo un presepe nuovo e da li poi è nata per me la passione del modellismo ed in particolare delle immaginette del presepe.

Cresceva dentro di me un sogno, quello di poter avere un laboratorio, un banco da lavoro, per costruire le mie immaginette, e così mi ero costruito nella mia cameretta un banco di lavoro. Vivevo con i nonni perché mia madre era un’alcolista e ci aveva abbandonato, poi è morta di cirrosi epatica; mio padre era un musicista che andava sempre in giro e non lo vedevo quasi mai.

Dopo la morte dei nonni il resto della mia famiglia mi ha mandato via di casa e sono andato a finire per strada. Da piccolino avevo bisogno di cure e sono vissuto con i nonni perché mia mamma beveva e non si poteva occupare di me, poi crescendo, all’età di 20 anni ho cominciato a fare uso di alcol anche io e la passione dei presepi l’avevo un po' lasciata stare sempre per colpa del bere. Lavoravo, ma tutti i soldi me li spendevo per bere e per il gioco d’azzardo. Mia nonna era sempre più triste per quello che stavo facendo. I nonni erano sempre più abbattuti per questa situazione. Un giorno si sono ammalati e sono morti ed io sono andato a finere col vivere per strada perché avevo litigato con tutta la famiglia, avevo perso il lavoro e non potevo pagarmi una stanza in affitto e così ho vissuto 9 anni per strada.

Stando per strada non potevo realizzare il mio sogno, cioè quello di costruire un presepe grande, un presepe inventato da me. Ho trovato man mano altre strutture dove andare, alla caritas, ai centri di accoglienza, con il sacco a pelo sotto la Stazione Termini e per strada in altri posti di Roma. Giravo, giravo da un posto all’altro. Poi la sera avevo cominciato a dormire sotto il porticato di S.Pietro, a via della conciliazione perché li mi sentivo più sicuro. All’inizio del mio girovagare dormivo alla Stazione Termini, ma li era pericoloso e così mi sono spostato ed ho deciso di dormire al Vaticano.

Il giorno andavo in giro e chiedevo l’elemosina, poi la sera tornavo li a dormire. E’ durato nove anni. Ho provato anche ad entrare in altre Comunità, ma è sempre andata a finire male.

Poi ho trovato la Comunità Giacomo Cusmano dove all’inizio ho avuto periodi difficili e volevo lasciarla, ma la coscienza mi diceva di rimanere pensando a quello che sarei andato a fare di nuovo per strada.

In comunità Suor Maria ha capito la mia passione e mi ha dato un angoletto dove dipingere e ristrutturare le statuine del presepe. Poi ho fatto delle tegole decorate ed infine mi hanno dato una stanza attrezzata dove potevo farmi i miei lavori. Adesso ho un piccolo laboratorio dove trascorro le mie serate e il mio tempo libero. Sto bene quando creo qualcosa. Ho creato questo presepe grande che partecipa alla mostra e non me lo aspettavo perché pensavo che, per arrivare alla mostra dei cento presepi, devi essere proprio bravo, devi essere un professionista.

Suor Michaela mi ha proposto di provare a fare la domanda. L’abbiamo fatta e per un mese non abbiamo avuto risposta, ormai non speravo più che mi avrebbero chiamato.

Quando è successo che mi è arrivata la chiamata, non ci credevo dalla gioia, non me lo aspettavo! Adesso partecipo alla mostra dei cento presepi ed è una grandissima soddisfazione per me, dopo tutta la storia che ho avuto, dopo aver vissuto per strada e aver dormito proprio qui come un clochard, mettere proprio qui un presepe mio, fatto da me, alla mostra dei cento presepi, mi fa sentire una persona rinata.

 

LA TESTIMONIANZA DI S.

Mi chiamo S., ho 39 anni e voglio raccontare la mia esperienza, così da essere di aiuto ad altri, anche per affermare con fermezza quanto questo percorso non sia stato facile, ma dovevo affrontarlo, mi ha condotto infatti ad una nuova consapevolezza e di conseguenza ad una grande crescita personale.

Sono stato affetto da una forma di dipendenza da cocaina molto importante.

Ho convissuto con questo mostro dall’età di 18 anni.

Non ho dato mai importanza a questo aspetto, perché tutto sembrava essere alla mia portata, pensando di gestire la mia vita.

Notavo, però, che i miei rapporti sociali diventavano a poco a poco sempre più distanti.

Il che mi ha portato ad isolarmi, cosa, che ho capito in seguito, ha alimentato la mia fragilità emotiva, ovvero, le mie insicurezze e la mia totale mancanza di responsabilità verso me stesso e la vita reale.

Del resto, il mio atteggiamento, a vederlo adesso con i miei occhi, era quello di un ragazzo che dormiva tutto il giorno, non si presentava a lavoro, aveva rapporti difficili in famiglia, e l’unica attività che mi rendeva vivo era quella di portare avanti la mia tossicodipendenza, quasi fosse tutto il mio mondo.

Quindi dentro di me si alimentava un senso profondo di frustrazione e insoddisfazione che mi hanno portato ad una forte depressione. Depressione che curavo con la dipendenza.

Sono finito in vortice circolare dal quale credevo proprio non ci fosse via d’uscita.

Poi sono arrivati i campanelli di allarme: il richiamo dal lavoro, incidenti con la macchina, malessere fisico.

A lavoro sentivo il disagio di essere visto come una persona con problemi, ma anche con mancanza di rispetto verso gli altri, incapace di portare avanti qualsiasi discorso operativo. Ed il mio lavoro era un ottimo lavoro. Andando a logorarlo avvertivo che da li in avanti o avrei proseguito a farmi male o dovevo tentare di gettare la maschera.

Una maschera che ormai era parte integrante di me stesso, tanto che il vero S. è rimasto nascosto agli occhi degli altri, ma soprattutto i miei.

Niente, non ce la facevo davvero più e ho preso la decisione di fare davvero i conti con me stesso.

Arrivato ad un punto di non ritorno ho dovuto affrontare una decisone epocale.

Ho prima di tutto rivelato la mia dipendenza al datore di lavoro, cosa che in precedenza non avevo mai fatto con altre persone al di fuori di quelle strettamente familiari.

Questa persona, comprendendo la mia crisi, mi ha dedicato diverso tempo e ritenendomi, nonostante le mie gravi mancanze a lavoro negli ultimi tempi, una persona valida, mi ha prospettato l’idea di prendermi del tempo per risolvere i miei problemi da dipendenza.

Da questo momento in poi il mio approccio alla dipendenza è cambiato totalmente. Ero riuscito a comunicarlo a qualcuno e questo qualcuno mi aveva anche riposto fiducia.

E’ stato un momento importante, ma vedendo che la sostanza era lì alle porte, dovevo fare ancora di più.

I propositi c’erano, ma non ero ancora abbasta forte, anzi, sottovalutavo ancora quanto fossi dentro a questa schiavitù.

Avevo sentito parlare di centri di recupero, percorsi, cure, ma per orgoglio avevo scartato sempre questa ipotesi.

Poi recandomi al Serd della mia zona mi sono reso conto di quanto la mia situazione fosse precipitata anche a fronte dei colloqui con il personale medico e psicologico che avevo incontrato.

La mia decisione non è maturata subito, anche perché era l’inizio di quella che poi sarebbe stata la pandemia.

Io a casa durante il lockdown impazzivo letteralmente. Ansia che curavo con la sostanza.

E si ricominciava.

Il Serd doveva comunque vedere la mia volontà di risolvere il problema, e valutare la comunità adatta per il sottoscritto. In preda alla mia arroganza avevo deciso per me stesso quale fosse, poi dopo e grazie all’intervento del Dott. B., e della sua equipe, sono stato indirizzato presso la Comunità Cusmano.

Il primo incontro è avvenuto dopo l’estate del 2020.

Ho parlato con il responsabile Dott. Renato e la Dr.ssa Beatrice.

Mi hanno esposto il programma di cosa sarebbe avvenuto nella Comunità, del percorso che avrei dovuto svolgere.

Alla fine ci sono entrato in Comunità il 29 novembre, il giorno del vero ponte verso la guarigione.

Cosa facevo in Comunità?

Intanto comprendere tutte le cose che non facevo nella vita normale, tutte le occasioni perse e le incomprensioni mai risolte.

Per la prima volta ho iniziato a guardami dentro, ma anche a collaborare fattivamente con gli altri.

I tempi erano ben scanditi e io mi sono da subito adeguato alle mansioni che mi erano state affidate. Dapprima riguardanti le mie personale: pulivo la stanza, il bagno, mi rifacevo il letto, mi alzavo puntualmente, ma anche la collaborazione con gli altri per momenti di condivisione.

Il mio approccio alla vita della Comunità era iniziata però con un pizzico di superbia e superiorità.

Me ne resi conto quando ho iniziato a parlare nei gruppi di lavoro, confrontandomi con le altre persone all’interno.

Avevo un modo tutto mio di relazionarmi, o meglio, di non relazionarmi.

Con il tempo e con la terapia, quella inerente al gruppo del mattino e quella individuale con le psicologhe sono riuscito a capire che di cose da risolvere ce ne erano tante oltre al relazionarmi e che dovevo comunque affrontare.

Mi sono chiesto, ma io ho mai avuto un rapporto relazionale e comunicativo con la mia famiglia?

No. Avevo sottovalutato anche l’importanza di questo aspetto.

Ho analizzato tutto il mio ciclo nei rapporti con i miei familiari e come vi sia stata la totale mancanza di rapporti. Questo ha influito nella mia vita sociale. Io ero un disastro sia nei rapporti familiari che con gli altri.

Grazie al lavoro con le dottoresse e questo tipo di terapia sono andato ad elaborare molti traumi e analizzandoli sono riuscito a guardare le cose con più serenità.

Cominciavo ad aprirmi alla terapia riscontrando benessere, migliorando le relazioni interne alla Comunità, ed era una cosa davvero bella, in quanto avevo desiderio, finalmente, di andare ad affrontare i miei problemi, perché convinto che con i giusti strumenti li avrei risolti.

Ma non tutto si può risolvere, a ma piaceva il fatto che comunque li avrei analizzati, tentando di risolverli e giungere almeno a delle risposte.

Poi, tornando alle relazioni con gli altri mi sono reso conto che oltre a parlare, incredibilmente ascoltavo. Non ce li avevo solo io i problemi, ed ho compreso quanto fosse bello condividere.

Ad oggi questa forse è stata la mia più grande crescita personale.

Da questo punto ho migliorato la comunicazione anche al di fuori della Comunità.

Prima di tutto con mia madre e mia sorella, ma anche con vecchi amici e i datori di lavoro, persone che sono venute anche a trovarmi durante il mio percorso.

La gioia più grande è che tutti hanno visto i miei miglioramenti e che io ero contento di vedere loro contenti.

Il percorso mi ha reso decisamente una persona migliore.

Ho scoperto in me delle doti che non sapevo avessi: la pazienza, la puntualità (addirittura venivo rimproverato di essere troppo pignolo e rigido), la socialità, l’impegno verso gli altri.

Questi sono stati dei cambiamenti davvero significativi, che oggi sto mettendo in pratica.

Ho avuto sul finire del percorso anche la possibilità di lavorare all’esterno.

Mi è stato prospettato un lavoro duro, con orari impegnativi e il frutto di questi cambiamenti li ho notati proprio durante questa esperienza.

Non ho badato a remunerazione o prestigio del lavoro, ma all’importanza di rimettermi in gioco.

Qui mi è stato utile avere maturato tanta umiltà avendola appresa proprio all’interno della Comunità.

Che dire, oggi sono uscito dalla struttura e porto dentro di me un’esperienza di crescita davvero importante.

Quando di fronte a me si prospettano problemi faccio fede agli insegnamenti ricevuti in tutto l’arco della mia permanenza nella Comunità Cusmano.

Questo grazie anche ai gruppi di prevenzione alla ricaduta che hanno ben lavorato su me e con me per aiutarmi a leggere le situazioni e applicare le strategie fornitemi.

Voglio fornire ulteriori elementi riguardo a queste strategie ponendo degli esempi pratici.

In situazioni di stress ho appreso a gestire le mie emozioni, andando a riconoscere preventivamente gli stati di malessere.

Ho imparato ad usare su me stesso il concetto di “bilancia decisionale”, che oggi adotto non solo a fronte dell’esperienza legata alla tossicodipendenza, ma in ogni aspetto, in tutte le scelte che mi si pongono davanti.

La mia tossicodipendenza oltre a far parte del mio vissuto è entrata dentro di me come fattore chimico. Non pensavo che queste reazioni fossero così complesse da capire. Invece, ho appreso di ignorare gli impulsi e quando vedo che prendono il sopravvento elimino quello che in gergo si chiama “pilota automatico” e prendo io stesso in mano il volante, cercando placare il “craving”, ovvero il desiderio incondizionato di assumere sostanza o di fare cose, situazioni che in passato non riuscivo nemmeno a distinguere.

Quello che era un modo di fare circolare, grazie a queste pratiche è diventato lineare, con metodo.

Oggi sono in grado di osservare le cose da spettatore e non farmele cadere addosso come uno sventurato protagonista che non riesce ad uscire da un ruolo predeterminato.

Insomma, davvero sono passato ad una rinascita, consapevole che ogni giorno dovrò far tesoro di quanto appreso in questa esperienza.

Mai abbassare la guardia.

Ora sono a ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato. Da solo non ce l’avrei mai fatta.

Inizio dalla Direttrice Dr.ssa Annalisa, che mi ha seguito sempre con particolare premura. La ricordo con particolare emozione quando si è dedicata a me attraverso la pratica dell’EMDR un approccio terapeutico utilizzato per il trattamento dei traumi del passato. Le psicologhe Cecilia, Chiara sempre presenti sia attraverso riunioni personali che di gruppo, che mi hanno trasmesso grande fiducia e sostegno.

L’operatrice Beatrice, per la dedizione verso il sottoscritto per andare a modificare i miei problemi comportamentali e relazionali.

L’operatore Massimo, che pur non essendo un mio operatore diretto, attraverso le sue lezioni a riguardo dei gruppi di prevenzione alla ricaduta, lo è divenuto perché conservo in me tutte le sue preziose indicazioni.

Tutto lo staff della Comunità, i ragazzi della detentiva, i miei compagni di percorso e in modo particolare le Suore che mi hanno fatto respirare un’aria di armonia, di pace attraverso alla loro incondizionata ospitalità.

Grazie alla mia Famiglia, alla quale ho recato molte difficoltà, ma nonostante tutto mi è sempre stata vicina.

A mio cugino per il sostegno costante mai venuto meno. A Nicola e Germano che oltre ad essere colleghi, si sono dimostrati veri amici.

Grazie Suor Maria, Suor Michela, Suor Elisabetta, grazie davvero.

Sento anche il dovere, senza presunzione, di dover e voler ringraziare anche me stesso, perché oggi sono felice di aver portato a termine questa importante avventura che porterò con me per sempre.

Grazie.

 

LA TESTIMONIANZA DI M.

La decisione che mi ha spinto ad intraprendere questo percorso Psicoterapeutico alla Cusmano è sicuramente quello di ritrovare me stesso, tutto ciò che ho sofferto tra delusioni, dolore e l’equilibrio di responsabilità mano mano a perdersi fino a portarmi ad abusare di alcool e droghe e perdere definitivamente la stabilità fisica e mentale.

Quindi è nato tutto dalla consapevolezza di essermi smarrito dove alcool e droghe avevano preso il sopravento sulla mia persona, portandomi ad avere problemi giudiziari che ancora oggi fanno parte della mia vita quotidiana, ma soprattutto con la mia famiglia che ovviamente ha perso la fiducia nei miei confronti, quindi l’unica via d’uscita non poteva che essere un programma di recupero presso una comunità.

Il relazionarmi con gli altri non era sicuramente il migliore tanto da rendermi conto che la mia difficoltà principale era proprio quella di ascoltare chi avevo di fronte, durante il mio percorso credo che questo sia stato un problema ricorrente che incideva molto sulle mie relazioni, ho sicuramente il problema di non fidarmi del prossimo e questo ovviamente me ha portato molte volte a scontrarmi con lo staff e residenti, la mia aggressività e non fiducia mi faceva reprimere e perciò non riuscivo ad aprirmi creando in me emozioni e sentimenti negativi.

Durante i primi 2 mesi ho dovuto combattere con la prematura morte di mia madre, dolore infinito che ancora oggi ho dentro di me, difficoltà a credere la sua scomparsa che lei non sarà mai più vicino a me, la mia spalla, la mia coscienza, la mia saggezza che sapeva sempre consigliarmi e consolarmi in qualsiasi situazione. Ovviamente mi mancherà tutto di lei ed ora ne sono molto più consapevole, spero solo che adesso stia più serena e che non soffra più tutti i dolori che la vita cinicamente le ha riservato ingiustamente. Durante questa disgrazia posso solo ringraziare le mie psicologhe, ognuna diversa per fase.

Dott.ssa Stefania persona dolce e disponibile che sicuramente in prima fase “accoglienza” oltre a farmi combattere la perdita di mia madre ha cercato di direzionarmi a colmare i miei dolori e sopra ogni cosa a cercare di interagire con gli altri in modo diverso, più adeguato e meno brusco. Tanto che conservo la prima frase presa come risoluzione proprio la lei stesa: “Non sentirmi rispettato non è un buon motivo per non rispettare gli altri e non rispettare me stesso”.

In seguito sono passato dopo 5 mesi alla seconda fase dove sono stato preso in cura dalla Dott.ssa Chiara, con lei ho fatto sicuramente un proseguo della mia interruzione con Stefania, ovviamente parco della mia difficoltà di riuscire ad aprirmi cosa cha parzialmente è riuscita, sicuramente anche molto di più di ciò che avrei voluto, però ad oggi ringrazio sicuramente il loro lavoro costante fatto su di me.

La Dott.ssa Chiara mi ha indirizzato di sicuro ad avere un approccio relazionare diverso verso gli altri che ovviamente ha portato benefici a me stesso, riuscendo alla fine a raccogliere i frutti del mio lavoro, l’essere ascoltato e soprattutto essere cercato per aiutare ha avuto un valore molto importante, a livello personale avevo ripreso stima di me stesso e riuscivo a trasmettere agli altri in modi più adeguati ed efficienti.

Tutto è dovuto ai confronti avvenuti in accoglienza, l’incontro del mattino gruppo non valorizzato, ma sicuramente non meno importante di altri gruppi dixit effettuati in prima e seconda fase sono stati molto importanti hanno aperto porte che sinceramente non ricordavo di aver chiuso, insomma durante il cammino i residenti, lo staff, le suore in questo cammino hanno avuto tutti un forte impatto su me stesso, donandomi ognuno qualcosa di loro, di cui io ne farò tesoro.

Per arrivare in terza fase ho tribolato perché così dette “tempistiche”, facendo il gruppo relazione ho capito anzi chi ha partecipato mi ha fatto capire le ultime limature caratteriali che dovevo affrontare e limare per poi raggiungere la famiglia.

Dovevo entrare in terza fase e sapevo che avrei avuto la Dott.ssa Irene, come mia psicologa di riferimento, scettico e disorientato visto a vari scontri avuti durante il percorso ed al “punto” dove lei era la responsabile del settore. Dalla Dott.ssa Irene ho presso un’infinità di no, mamma mia quanti! Però col passare del tempo e vari colloqui che io chiedevo “stranamente” sono riuscito a conoscerla diversamente, persona ferrea ma allo steso tempo molto sensibile, giocherellona e presente con i residenti, coinvolgente nei colloqui, ascolta e fa piacere ascoltarla con la sua calma riesce a narcotizzare lievemente i tuoi problemi o disagi creatasi dove tu poi dovrai lavorare per trarne benefici.

Il difficile arriva ora fuori c’è la vita, un'altra vita da affrontare con le sue messe alla prova dove si presentano difficoltà, dolori e sicuramente le novità che ti si faranno davanti, ritroverò mio figlio recluso 3 anni in casa famiglia bambino, ed ora un ragazzo adolescente con le sue problematiche di riacquisire fiducia in un padre che per vari motivi è stato assente e irresponsabile.

Mi attendono tante possibilità di esprimere ciò che ho appreso, non solo come padre ma anche marito visto che in futuro mi sposerò con la mia amata compagna, costruire la mia famiglia ed essere constante sarà il completamento di avere raggiunto la mia consapevolezza.

Un ringraziamento va anche a Suor Maria e Suor Micaela che mi hanno accolto presso la loro casa che ringrazio infinitamente.

Spero di essere riuscito a descrivere tutto quello che ho vissuto, perché io l’ho vissuto veramente. Grazie a tutti ma soprattutto a me stesso.

 

LA TESTIMONIANZA DI G. M.

Prima di descrivere la mia esperienza all'interno del programma psicoterapeutico presso la Comunità Giacomo Cusmano, sento la necessità di raccontare una parte significativa della mia vita e di esprimere i sentimenti e gli ideali che avevano contraddistinto le mie scelte fino a quel momento. Lo ritengo di fondamentale importanza per evidenziare la crescita che ho affrontato, ma soprattutto per far capire meglio la persona che sono adesso.

I miei problemi sono iniziati durante la mia infanzia. Sono cresciuto in un ambiente di sofferenza perché la mia famiglia ha dovuto subire un lutto molto grave.

Io sono l’ultimo di tre figli e dopo quattro mesi dalla mia nascita è morto mio fratello per un incidente stradale.

Questa perdita per la mia famiglia, è stato un evento traumatico che ha reso difficile ai miei genitori poter crescere ed occuparsi con serenità di un figlio neonato, come invece dovrebbe essere.

Questo malessere ha avuto ripercussioni negative sulla mia crescita ed ovviamente mi ha portato a sentire dentro di me un peso ed un malessere che poi sono sfociati nella droga.

Successivamente, la morte di mio nonno, l'alcolismo di mio padre e la più recente depressione di mia sorella, hanno aggravato ancora di più la condizione familiare.

Durante la mia adolescenza ho iniziato ad usare sostanze stupefacenti per sganciarmi dalla famiglia e per poter dimostrare ai ragazzi più grandi di me di essere un duro e quindi di potermi sentire all’altezza di far parte del loro gruppo.

Con il tempo la situazione è peggiorata sempre più. Da un iniziale uso sporadico di cocaina, ero passato ad un uso quotidiano e in questo modo si era instaurata una vera e propria dipendenza.

Durante quel periodo, sempre a causa dell’uso di sostanze, avevo abbandonato gli studi e la mia giornata era incentrata solo sulla ricerca della droga.

Con l'andare del tempo mi sentivo sempre più solo. Le uniche persone che circolavano attorno a me erano negative e facevano uso anche loro di sostanze. Con quel comportamento stavo facendo soffrire la mia famiglia che perdeva sempre più fiducia in me.

La mia condizione era diventata insostenibile, ero triste ed avevo paura per il mio futuro. Ero arrivato al punto di pensare che l'unica via d 'uscita per i miei problemi fosse ormai solo la morte.

In diverse situazioni ho rischiato davvero di morire per overdose, facendo preoccupare sempre di più i miei genitori.

Ad un certo punto la mia famiglia prese posizione riguardo al mio problema e mi fece iscrivere al Ser.D dove conobbi le dottoresse a cui oggi dico che devo la vita.

Dopo svariati colloqui, le dottoresse mi fecero capire che la mia vita non era perduta, ma si poteva recuperare; bisognava impegnarsi per tornare in una condizione di normalità. Così è stato e grazie a loro oggi ho ritrovato anche la motivazione a continuare gli studi.

L'équipe del SerD, vedendo i problemi legati alla mia tossicodipendenza e conoscendo la mia condizione familiare, mi proposero di entrare in Comunità.

Inizialmente non ero tanto convinto di chiudermi in una Comunità, ma poi spinto dalla famiglia e dai miei problemi che continuavano ad aggravarsi, decisi di intraprendere questo cammino.

Le dottoresse vollero cercare la comunità più idonea a me che mi permettesse oltre che di risolvere i miei problemi di dipendenza, di realizzare un mio sogno, ovvero quello di continuare gli studi.

Dopo aver deciso definitivamente di entrare in comunità, l'équipe del SerD mi propose di entrare in una struttura provvisoria nel frattempo che trovassero un percorso più adatto a me.

Sono entrato nella comunità “Il Salvatore”. In questa Struttura, ho riflettuto molto, incidendo nella mia mente gli obiettivi che ancora oggi cerco di portare avanti.

In quell’esperienza ebbi la possibilità di conoscere le esperienze di vita altrui e di far conoscere le mie esperienze. Quell’esperienza inoltre mi ha permesso di lavorare sulla costanza come, per esempio, rispettare gli orari, svolgere le attività manuali e allenarsi. L'esperienza fatta all'interno di questo percorso è stata propedeutica per affrontare il nuovo percorso presso la Comunità.

Dopo aver fatto i colloqui con le dottoresse della comunità Giacomo Cusmano, ho intrapreso questo percorso.

Il nuovo programma si era rivelato sin da subito ricco di stimoli positivi. Per me si presentava una nuova avventura e volevo impegnarmi al massimo.

Nonostante avessi obbiettivi ben chiari in mente, in me era ancora prevalente la parte che prediligeva uno stile di vita negativo che mi faceva sembrare gli obiettivi positivi come irraggiungibili.

Incominciai a consapevolizzare che avevo sempre ragionato in quel modo per cercare di risolvere il mio malessere, ma capivo già che continuando a pensare in quella maniera, avrei continuato a stare male per tutta la vita.

Grazie a questo programma ho iniziato a immaginare la mia vita futura lontana dai guai e dalle sostanze.

Durante il percorso terapeutico ho utilizzato gli strumenti che mi sono stati forniti per affrontare le avversità e per continuare a perseguire i miei obiettivi con tenacia, senza mai arrendermi mai, anche di fronte alle difficoltà.

La routine della comunità iniziava con la sveglia la mattina alle 07,00 per poi prepararsi e andare a fare colazione e dopo il turno partecipare già ad un primo gruppo terapeutico, il gruppo motivazionale.

Nel gruppo motivazionale si discuteva su un tema a piacere scelto dai ragazzi, dove ognuno poteva esprimere il proprio punto di vista sull'argomento. Questo dava la carica per affrontare la giornata.

Dopo aver concluso questa attività terapeutica, iniziavano le attività ergo-terapiche, ovvero adempiere a delle responsabilità assegnate ad ogni utente per il normale mantenimento della struttura.

Queste attività erano suddivise in settori: giardinaggio, pulizie, cucina, dispensa, lavanderia e manutenzione.

Arrivata l'ora di pranzo bisognava dirigersi al tavolo, e prima di pranzare si aveva la possibilità di fare un piccolo pensiero, ovvero dire qualcosa alla collettività, ad esempio ringraziare o dare il benvenuto a qualcuno.

Svolto il turno del pranzo iniziava il gruppo pomeridiano che variava in base al giorno; i possibili gruppi potevano essere: gruppo emotivo, gruppo prevenzione ricaduta, mind-fullness, training autogeno e Yoga.

Una volta concluso il gruppo, iniziava il tempo libero, dove solitamente io mi allenavo o giocavo con i compagni di percorso.

Quando finivamo di cenare, come per pranzo si faceva il turno, per poi avere di nuovo tempo libero o la possibilità di vedere un film tutti insieme. A fine giornata si andava tutti a dormire salutando l’operatore di turno.

Inoltre la permanenza in comunità prevedeva una serie di regole da rispettare basate sui tre valori cardine di questo percorso, ovvero rispetto, responsabilità e onestà.

Bisognava essere puntuali nello svolgere le proprie responsabilità, mantenere un comportamento rispettoso nei confronti dei compagni di percorso e non compiere azioni non permesse dal regolamento.

Attraverso il confronto, ovvero uno strumento terapeutico che si basava sul far notare degli errori a una persona, ho appreso come prendere posizione riguardo i rapporti con le altre persone, invece di far finta di niente. Inoltre ho imparato a riconoscere, gestire e accettare le emozioni quando venivo confrontato. In questo modo ho cercato di cambiare per diventare da passivo e aggressivo, ad assertivo, dato che prima del percorso le mie relazioni amicali erano basate sulla compiacenza.

Sono migliorato nel farmi scivolare le cose addosso e a non reagire impulsivamente quando provocato, perché avevo capito che ognuno la può pensare in un modo differente ed era inutile prendersela con chi aveva visioni diverse o a cui stavo antipatico.

Un altro strumento terapeutico che mi è stato molto utile è il F.A.R. (foglio assunzioni responsabilità) consistente nel mettere per iscritto alcune mancanze in cui una persona era incorsa. In pratica si basava sulla confessione delle regole non rispettate e quindi sull'assumersi la responsabilità di tali comportamenti.

Ho riconcepito l'idea di amicizia, ovvero non il creare legami basati sull'accettazione e sulla compiacenza, ma legami basati sull’amicizia sincera. Tuttora, anche se poche, mi ritrovo delle persone con cui ho stretto amicizia in comunità.

Ho lavorato sui tre valori: rispetto, responsabilità e onestà, imparando ad assumermi le mie responsabilità e a non giustificarmi, dopo aver commesso qualche sbaglio.

Partecipando ai gruppi, ho avuto l’occasione di aprirmi e di ascoltare gli altri ragazzi. Ciò mi ha fatto crescere, poiché attraverso la relazione ho imparato dalle esperienze altrui e al contempo ho messo a disposizione i racconti delle mie esperienze.

Nel gruppo emotivo, ho appreso come riconoscere le emozioni e i sentimenti, scaturiti da qualche evento o dinamica.

Nel gruppo prevenzione ricaduta, ho scoperto come riconoscere le situazioni a rischio, che possono portare all'utilizzo di sostanze. Apprendendo delle tecniche per evitare e far fronte a questa tipologia di problemi.

Mediante i colloqui con la psicologa sono riuscito a superare alcuni aspetti fonte di disagio psicologico. Anche se tra me e lei ci sono stati periodi di conflittualità, mi sono sentito capito ed aiutato, nonché mi ha aiutato nella mia crescita personale e a conoscermi.

Lei sin da subito è stata una delle poche persone che mi ha supportato riguardo il proseguimento degli studi e grazie al lavoro psicologico svolto ho consapevolizzato le cause che mi hanno spinto ad usare sostanze. Inoltre ho lavorato su me stesso, risolvendo problemi legati a situazioni specifiche, come per esempio superare stati d'animo negativi scaturiti da eventi a me disturbanti.

La mind-fullness, mi aiutato e mi sta aiutando a stare meglio, nei momenti di stanchezza, o di stato emotivo alterato, proprio perché l’ho tanto apprezzata che ho continuato a praticarla da solo anche finito il programma.

Il servizio scolastico della struttura mi ha permesso di completare la terza e la quarta superiore, per poi iscrivermi al quinto anno, in parte frequentato durante la mia permanenza nella fase residenziale. La possibilità di continuare gli studi all'interno della struttura per me è stata fondamentale perché mi ha permesso di affrontare per gradi le difficoltà legate allo studio e di avere un obbiettivo che mi permettesse di occupare le giornate, mantenendomi lontano dai guai.

Quando ho terminato la fase residenziale, grazie al sostegno economico della mia famiglia, sono andato a vivere a Roma da solo, in modo tale da poter terminare gli studi riguardanti la maturità.

Vivere a Roma è stata una bella esperienza, poiché avevo sempre sognato di visitarla, inoltre non mi sono sentito mai solo grazie al sostegno della comunità, dove tornavo frequentemente per fare i colloqui con la psicologa la quale mi ha supportato sino all'esame di maturità.

Nella nuova abitazione ho fatto amicizia con gli altri inquilini, e grazie a loro ho conosciuto anche i loro amici con cui ho girato la città.

Nei giorni feriali studiavo la mattina e il pomeriggio andavo a lezione, inoltre cucinavo da solo, mettendo in pratica le ricette imparate nella fase residenziale.

Nel fine settimana e nei giorni liberi uscivo per visitare Roma o per andare al mare.

Frequentare la scuola mi ha permesso di conoscere nuove persone e di conoscere le mie carenze riguardanti gli argomenti scolastici.

Nell'ultimo paio di mesi ho preparato la tesina della maturità e arrivato il giorno dell'esame, sono riuscito a superarlo con votazione novantasette/centesimi. Aver sostenuto l'esame mi ha dato un senso di soddisfazione, ma dopo mi sono sentito spiazzato, ero indeciso se continuare gli studi o lavorare.

La mia intenzione era iscrivermi all'università a Roma, ma a causa di problemi nella ricezione della tessera sanitaria non sono riuscito a iscrivermi al bando per la borsa di studio.

Presi la decisione di tornare in Sardegna, dove durante la mia permanenza nel mio paese, ho consapevolizzato che la situazione locale era peggiorata rispetto al periodo antecedente al mio ingresso in comunità.

Vedendo un ambiente così negativo, ho preso la decisione di iscrivermi al corso di studio scienze per l'ambiente e la natura e di fare richiesta per la casa dello studente.

Quando sono arrivato alla casa dello studente, inizialmente ho dovuto affrontare la mia timidezza, ma sono riuscito a superarla in poco tempo. Per quanto riguarda le persone che ho conosciuto nella casa dello studente, posso dire che sono delle persone molto positive e simpatiche, diametralmente opposte alle persone negative che frequentavo in passato.

Abbiamo creato un gruppo unito e spesso organizziamo cene o altri eventi.

I miei compagni inoltre, si sono dimostrati molto disponibili, aiutandomi e incoraggiandomi ad affrontare i problemi legati allo studio.

Invece per quanto riguarda l'università, inizialmente mi sono scontrato con le mie difficoltà e non mi sono sentito capace di affrontare questa nuova esperienza. Ma nonostante le difficoltà, poco alla volta, sto sperimentando e costruendo il mio metodo di studio, e per ora, penso di aver fatto piccoli progressi.

Sono riuscito a superare due esami, entrambi con votazione trenta/trentesimi, ovvero biologia animale e biologia vegetale.

Studiare, mi sta permettendo di conoscermi meglio, e grazie alla soddisfazione dovuta al mio impegno, riesco a superare le difficoltà della vita.

Voglio ringraziare tutti gli operatori, che nel bene e nel male, mi hanno aiutato nella mia crescita personale.

In particolar modo voglio ringraziare:

La dottoressa Cecilia, poiché è stata il mio punto di riferimento principale, durante l'arco del mio percorso.

Le suore e la dottoressa Annalisa per avermi accolto in questa struttura che mi ha permesso di vivere una nuova vita, ed affrontare eventuali difficoltà future.

Fabio perché avendo vissuto anch'esso dei problemi, per me è stato un grande esempio di rinascita.

Il Professor S. e la professoressa V. per avermi seguito personalmente negli studi all'interno della struttura.

L'equipe del Ser.D., che mi ha dato la possibilità di ritrovare il mio cammino e ritrovare la motivazione a vivere.